e così un laureato disoccupato USA è finito sui giornali di tutto il mondo e, sono certo, ha trovato la sua strada per un posto al sole. Io ho letto la sua storia su La Stampa, ma se fai una ricerca su Google News vedrai che un sacco di media parlano di Daniel Seddiqui e del suo sito web Living the Map:

Se fossi la ministra Gelmini (si fa per dire) lo inviterei per un ciclo di conferenze nelle università italiote da cui da sempre escono torme di gente alla ricerca perenne di un posto da laureato.
Dubbio raccomandazioni a parte, ciò che mi incuriosisce maggiormente è come Seddiqui abbia potuto avere le competenze per svolgere 50 tipi di lavoro diversi. Voglio dire… passi l’adattabilità, l’essere eclettici, dinamici, scaltri e apprendere velocemente ma… ragazzi, io non credo nelle persone che sanno fare tutto e ugualmente tutto bene, dal broker all’istruttore di surf… personalmente mi ispirano poca fiducia.
E’ apprezzabile, secondo me, il messaggio che Daniel ha voluto dare, l’obiettivo di ricerca sul campo da cui è partito… e su questo possono nascere diversi spunti di discussione.
Ma mi sembra…posso dire “inusuale”? che un ragazzo possa vivere/ripetere un’esperienza simile.
In Italia l’impresa non sarebbe facilmente ripetibile perché qui tra contratti multicolor, preavvisi extracolor e ricerca di personale sempre “esperto” o si hanno le competenze (almeno dichiarate) e si sa vendere bene o ciccia (come dicono a Oxford). Personalmente se trovassi qualcuno che colleziona almeno un lavoro al mese (e poi lo lascia volontariamente ogni mese) gli chiederei l’autografo.