Negli ultimi anni era diventato sempre più difficile trovare un ciabattino e i pochi che sopravvivevano non avevano l’aria di passarsela bene. C’è anche da dire che da quando abito a 1700 m. le scarpe che uso non sono scarpe che si portano a far risuolare. Ad esempio, le Salomon da trail running che ho comprato 4 anni fa sono stato costretto a buttarle perché si erano rotte in vari punti non perché le suole erano lisce. E anche gli stivali Sportiva con suola Vibram che ho da 6-7 anni sono al loro ultimo inverno non perché senza suola ma perché ormai distrutti all’interno. Così penso che se mai avessi comprato un paio di costosissimi mocassini Tod’s (quelli con la suola fatta di chiodini di gomma) avrei da subito accettato l’idea di buttarli nella spazzatura una volta che i chiodini fossero scomparsi (geniale questa idea dell’imprenditore Diego Della Valle!).
Ma se lavorassi a Milano in un ufficio userei ancora scarpe di cuoio e quelle sì che si possono risuolare! E allora la crisi mi spingerebbe a cercare un calzolaio in grado di rifare tacchi e suole: costerebbe 30-40 € ma con un paio di scarpe da 200-250 € varrebbe sempre la pena. E’ questo il ragionamento che stanno facendo molti americani facendo così felici (e pieni di lavoro) i pochi calzolai sopravvissuti all’invasione di scarpe di plastica che fanno puzzare i piedi e che si consumano a gran velocità. Non ci credi? Leggi questo articolo di Wall Street Journal → In a Sole Revival, the Recession Gives Beleaguered Cobblers New Traction: ah già, nell’articolo c’è anche un videro e uno slideshow.