Università, regno degli sprechi

è il titolo di un ennesimo articolo sulla crisi dell’università che La Stampa di oggi spara in prima pagina insieme ad una foto di professori in toga.

La Stampa, 1.11.2008.
La Stampa, 1.11.2008.

Tutto OK anche se lo stesso articolo di Michele Ainis (Atenei in tilt: senz’anima e senza soldi) avrei potuto leggerlo 20 anni fa: oggi come allora la nostra università si caratterizza per bassa produttività (pochi laureati e tanti abbandoni), bassa redditività delle lauree, assenza di meritocrazia e di controlli, ecc. Tutte cose cui avevo dedicato un libro nel 1985 (L’università incontrollata).

La sensazione di dejà vu mi ha preso anche leggendo il bell’articolo di Antonio Scurati “Non sperperate il sapere“:

A. Scurati, Non sperperate il sapere, La Stampa, 1.11.2008
A. Scurati, Non sperperate il sapere, La Stampa, 1.11.2008

Scurati ha proprio ragione e so di cosa parla: è da quella sensazione di disastro irreparabile che nasce il senso di infinita stanchezza con cui torno a casa dopo ogni calata a valle. D’altronde la stessa sensazione la vivevo già negli anni ’80 quando ero ricercatore a Milano. Ed era proprio per quel motivo che nel 1994 avevo poi dato le dimissioni. Temo che il bis sia vicino.

5 commenti

  1. Bello il commento di Vale! Mi ha spinto a riflettere su come, spesso, noi docenti “viviamo la didattica”. Ho scritto un post che pubblico lunedì: se il 26 novembre ci sarà un incontro/assemblea sulla “riforma” mi piacerebbe che la passione e l’energia civile di Vale, Lara e tanti altri uscisse allo scoperto.

  2. Purtroppo ciò che racconta Vale non è sbagliato. Anche se molti studenti di oggi sono svogliati, poco propensi allo studio e hanno poca volontà di imparare seriamente, è anche vero che sarebbe opportuno guardare anche dalla parte dei docenti. Sento spesso storie veramente allucinanti: gente che si presenta alla laurea senza che il relatore abbia letto la tesi, gente che non riesce a terminare gli esami perchè il professore è irreperibile o ha preso di mira lo studente imponendo continue modifiche al lavoro per l’esame fino allo sfinimento, docenti che danno il voto tirando a sorte o con giochini che non misurano la reale preparazione degli studenti… sono tutte cose che esistono, ovunque, e che contribuiscono a peggiorare la situazione delle istituzioni italiane e dei ragazzi che partono già con poca voglia di mettersi al lavoro…
    Io in questi anni a Reggio sono stata bene e rifarei il percorso che ho fatto, ma non nego che ho toccato con mano anche queste situazioni e immagino che in contesti più grandi queste situazioni siano anche ampliate.
    Cordef e altri (pochi) prof si sono distinti per la loro capacità di innovazione, di comprensione e di sostegno, dimostrando una mentalità molto diversa da quella italiota tradizionale. Spero che queste orme vengano seguite da altri docenti in futuro, in numero maggiore di quello che è stato finora.

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