Correggere gli errori

o lasciar perdere? E’ una domanda che mi sono posto tante volte: ci sono colleghi che dicono “non sono mica la maestra!“. Vero: neppure io sono un maestro elementare. Ma ci sono tanti, troppi studenti che, a quanto pare, non hanno mai avuto un maestro/a elementare che leggesse e correggesse i loro errori. Questo andazzo è continuato anche nelle medie inferiori, poi alle superiori e infine all’università: certi errori ripetuti con pervicacia più volte (ad es. “un’altro”, “un altra”) mi fanno pensare che nessun adulto preposto all’insegnamento abbia mai letto i testi di quella persona.

Refusi degli studenti

Quindi mi sono adattato all’idea che correggere sia un male necessario e che gli errori vadano sanzionati. Come? Per ora posso solo togliere qualche punto da votazioni comunque inflazionate. In futuro mi piacerebbe che ogni refuso implicasse il versamento di 10 € in un fondo per l’acquisto occhiali (non da sole) dei docenti.

10 commenti

  1. Parla uno che ha osato scrivere che il Pò è un fiume e che dovebbe già un versamento di 10€.

    Il primo punto è questo: se ogni errore sono 10€, piuttosto che gli occhiali il fondo professori potrebbe prevedere Ferrari o Chrysler, vista l’incredibile mole e frequenza con cui si vedono.

    Perchè succede?

    A mio parere per 2 motivi:
    1- Il futuro non è scritto a mano, è a video. Se i programmi (citandone uno a caso: Word) hanno ormai un correttore automatico quasi ineccepibile, è logico che il povero studente disimpara, anche se acquista una notevole velocità di scrittura…Cosa è meglio?

    2- Almeno ai miei tempi, a scuola non esisteva la materia “correzioni”, ma solo l’odiatissima grammatica. La pecca è che non viene insegnata la parola scritta, ma il significato semantico, grammaticale, semiotico, infrasemiotico, avverbiale, nominale, preposizionale, paratattico eccetera. A cosa serve?
    Ti vedevi correggere le cose solo con una linea rossa.
    Logico che si impara dagli errori, ma se nessuno te li dice…insomma, se nessuno TE LI IMPARA…

  2. L’errore segue una logica perversa.

    Ci sono errori che sono fomentati e che la comunità riconosce come identificativi di sè stessi (vedi alcuni parlanti del Nord che mettono gli e la davanti ai nomi propri di persone) e altri che andrebbero bloccati sul nascere (cito Severgnini: se una parola non la sai in inglese scrivila in italiano o fatti capire, sempre meglio che produrre refusi).

    Degli errori citati da lei vedo anche il famoso pò: l’hanno inserito nell’ultimo esame di Semiotica del testo come opposto al po’ (giusto, troncamento della parola poco) e molti sono andati nel pallone (per poi scoprire che non esisteva).

    Addirittura c’è chi ha osato scrivere che pò sarebbe il fiume… no comment.

    Questi errori andrebbero bloccati e segnati subito; altrimenti si corre il rischio (come visto in una lettura del corso di Francese) di ritrovarsi manager di un’azienda e sbagliare i tempi verbali (una specie di Fantozzi francofono), facendo una figura colossale e dovendo far corsi di recupero in gran segreto.

    Marco

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