sembra essere un’opportunità crescente: negli USA il 95% delle imprese con meno di 100 dipendenti NON ha un blog. (E se è così negli USA figuriamoci da noi…). E’ quindi probabile che molte imprese apriranno un loro blog ma è improbabile che lo possano fare da sole visto che, come scrive M. Alboher (→ The New York Times 27.12.2007) “Blogging requires a large time commitment and some writing skills, which not every small business has on hand.” Sulla base della mia esperienza di questi tre mesi devo dire che miss Alboher ha proprio ragione: penso di saper leggere e scrivere in modo decente e in fretta, ciònonostante per tenere alimentato questo blog devo dedicargli tra 1 e 2 ore al giorno ovvero almeno 500 ore all’anno. Se fossi un professionista, un imprenditore o un dirigente non potrei farcela da solo.
Ovvio allora che aprire e gestire un blog sia molto più naturale e fattibile per chi ha 20 anni che per un tradizionale adulto. Aprire e gestire un blog non richiede certo corsi universitari: e d’altronde quanti docenti universitari hanno un blog?
€ Cosa aspetti per proporre un blog a qualche aziendina o organizzazione? Perché non proporre l’idea di blog universitari a qualche ente locale (comune, provincia, regione)? Non sai che finanziano di tutto? Che ne pensi?
Esplorando un po’ vari risultati in cerca di blog aziendali, mi ha colpito molto l’intervento di un sistemista informatico (Andrea Beggi) sul proprio blog su come dovrebbe essere, secondo lui, un blog aziendale e volevo postarlo perché, avendo 45 anni, possiamo considerarlo un “tradizionale adulto” che però (probabilmente grazie al suo lavoro) ha una visione molto precisa del cosa bisogna fare in rete.
In azienda cominciano a diffondersi alcuni concetti, e qualche giorno fa ho ricevuto la prima richiesta relativa ad un paio di clienti che stanno esplorando la possibilità di aprire un blog. Ma quali sono le caratteristiche che, secondo me, dovrebbe avere un blog aziendale? Perché lo vorrei leggere, ammesso che l’argomento mi interessi? Cosa dovrebbe fare un’azienda per invogliarmi a leggere il suo blog?
Come prima e più importante cosa, vorrei leggere persone. Non ho il minimo interesse a parlare con un marchio (ammesso che sia possibile) o con un reparto marketing: voglio nome e cognomi, pagine “about”, foto. Voglio dare un “volto virtuale” a chi leggo.Gran parte di un blog è comunicare passione. Chi scrive deve averla, e la passione è una cosa difficile da simulare.
Le persone che scrivono con passione hanno un linguaggio diverso da un’azienda. Questo linguaggio è normale per chi già scrive un blog, mentre è una novità per un’azienda, la quale potrebbe avere difficoltà a comprenderlo.
Il taglio personale, per forza di cose, deve descrivere i prodotti e i servizi con un linguaggio non paludato, senza enfasi di marketing, cercando di mantenere un atteggiamento il meno “religioso” possibile, per quanto difficile possa essere.
Scrivere su un blog è conversazione. Interagire con le persone, avere voglia di ascoltarle, rispondere ai loro commenti: sono tutti aspetti basilari, altrimenti si rischia di fare discorsi bellissimi a sale vuote.
E importantissimo accettare le critiche: spesso sono un’occasione di miglioramento, molte volte sono la voce di un disagio che non è neppure arrivata all’azienda. Bisogna a farle diventare opportunità, invece che casi da gestire.
Dire la verità, e dirla tutta, anche se scomoda. Su internet le bugie non le hanno neppure, le gambe. Tanto vale non farsi cogliere impreparati.
Aggiornare con frequenza accettabile: se non si ha intenzione di continuare è meglio non partire neppure. I peggiori sono i politici che iniziano un blog in campagna elettorale, fanno tre post e abbandonano tutto dopo poche settimane. Che tristezza.
Imparare ad usare gli strumenti propri del mezzo: il blog è un media che ha una serie di strumenti collegati, che vanno padroneggiati con disinvoltura per essere credibili. Tutti i mezzi che aiutano il social networking andrebbero usati, con particolare rispetto per le loro netiquette.
Ecco l’indirizzo del sito: http://www.andreabeggi.net/
Il titolo del post è Blog Aziendale
Rettifico l’ultima frase del mio post “Se le università appartengono alla categoria delle organizzazioni si potrebbe proporre l’idea del blog a qualcuna…” in “Perché non proporre l’idea di blog universitari a qualche ente locale (comune, provincia, regione)?”. I blog in questione dovrebbero essere gestiti da studenti proprio come avviene per gli “student newspapers” nei campus USA. Il discorso del carico di lavoro andrebbe affrontato prevedendo un gruppo di “bloggers” con gli stessi diritti di amministratori in modo da ripartire l’onere su 4-5 persone.
Dal punto di vista delle aziende, il blog potrebbe essere uno strumento utile non solo per informare il cliente, ma anche per ricevere feedback, proposte e commenti. Di frequente capita di trovare quei foglietti che recitano “Aiutaci a crescere”, “Cosa ne
pensi?”, “Dacci qualche consiglio” e via dicendo. Sarebbe sicuramente più pratico e interattivo farlo attraverso il web.
Ma, ovviamente, un blog ha bisogno di controllo e aggiornamento costanti, che richiedono personale fisso e competente.
Girando per il web, ho notato che ben poche aziende hanno un blog; alcuni esempi: la Nike , la Wal-Mart (prima azienda in Fortune 500), per fortuna ce l’ha Google (anche nella versione italiana) e General Motors.
In università lo vedo come un un’utopia: nella nostra università non c’è nemmeno una persona che si occupa delle aule e le altre segretarie sono sempre troppo impegnate per ascoltare le nostre richieste. Figurarsi avere qualcuno che, a tempo pieno o quasi, si occupa di un blog. Così come la radio di Ateneo, dovrebbero occuparsene gli studenti, magari come stage interno o nel progetto lavorativo delle 150 ore.