A Unimore come in molte altre università c’è una piattaforma (Dolly) per gestire i materiali didattici e mettere post. Purtroppo Dolly (un nome del piffero che ricorda la pecora transgenica di qualche anno fa) non è di libero accesso, non viene scandagliata dai motori e i suoi contenuti non sono linkabili. Perché una chiusura del genere? Perché non seguire l’esempio del MIT e del suo OpenCourseWare con cui i materiali didattici di migliaia di corsi sono aperti a chiunque? Come si fa a migliorare la didattica se contenuti e metodi sono visibili solo da chi è già iscritto? Tu compri mai qualcosa “a scatola chiusa“? E poi suvvia, Internet non è il regno dell’information democracy? Anni fa ho provato a convincere i gatekeepers di Dolly: non c’è stato nulla da fare. Dolly doveva restare all’interno del suo steccatino come una brava pecorella.
Per fortuna ho scoperto i blog: aperti a tutti e con contenuti linkabili liberamente sia all’interno del blog che all’esterno. In questo blog, come del resto in qualsiasi blog, i post sono raggruppati in categorie: se fai click su una categoria ottieni la sequenza dei post appartenenti a quella categoria. Una soluzione eccellente per creare testi virtuali che puoi tenere aggiornati. E’ per questo motivo che quest’anno (2009) ho deciso di pubblicare i sillabi dei miei corsi su questo blog (→ post Nel 2009 non sillabo ma sillablog)
Un’altra ottima caratteristica è la facilità con cui si possono gestire i commenti: WordPress invia una mail per ogni commento pervenuto in modo da decidere cosa farne (accettare, cancellare, ecc.)(→ caratteristiche di WordPress).
A questo punto ti lascio la parola: cosa pensi di questo strumento per la didattica in università? Si può usare per qualsiasi corso? Cosa suggerisci di fare per usarlo al meglio?
Pietro, premesso che non voglio vedere l’università come un luogo dove vi è incontro di domanda e offerta come in un qualsiasi mercato (lo studente paga per ottenere servizi dai docenti… mi pare squallidamente berlusconiano come concetto!), quello che volevo dire è molto più semplice (e inoffensivo, almeno nelle mie intenzioni! :-)).
In sostanza, credo sia del tutto naturale che un docente/ricercatore dedichi molto più tempo, ad esempio, alla revisione di un materiale che deve presentare ad una conferenza scientifica internazionale o pubblicare su una qualche rivista importante, piuttosto che ad una dispensina preparata ad hoc per i suoi studenti. Non è così importante se in una dispensa vi è qualche errore di punteggiatura, se un riferimento bibliografico è errato o se la formattazione non è ottimale, a patto che la parte “concettuale” dei contenuti sia rigorosa. Lo stesso non si può dire se il lavoro deve essere “pubblico”, nell’accezione più ampia possibile del termine. Quindi, il punto era semplicemente che è “più facile” creare contenuti destinati a rimanere privati.
Dolly chiusa è un ventre di vacca per i professori che non hanno voglia di fare il proprio dovere: basta dare un’occhiata ai cosiddetti materiali didattici.
Quando una realtà è chiusa chi è dentro può sentirsi in diritto di fare (o non fare) qualsiasi cosa: tanto non c’è controllo da parte dei superiori che stanno all’esterno e nemmeno dall’opinione pubblica.
E poi, Fabio, secondo te se un materiale è messo a disposizione degli studenti può anche contenere errori? Che cosa vuol dire? Questioni morali a parte, lo studente paga per un servizio!
Certamente, la violazione del copyright rimane tale e quale indipendentemente dal fatto che Dolly sia aperto o chiuso. Ma siccome con un Dolly chiuso l’ambiente è più circoscritto e ben definito, è molto minore il rischio che chi di dovere venga a conoscenza del reato. Sulla questione dell’accesso in modalità ospite, non sono in possesso di alcuna informazione, quindi non replico. Certo è che se anche fosse possibile l’accesso per i non-studenti, il fatto che la pagine di Dolly non vengano indicizzate dai motori di ricerca ne limita infinitamente il potenziale.
Mi trovo costretto a concordare in toto sul secondo paragrafo. Io non sono mai riuscito a spiegarmi il perchè, ma questa tendenza a produrre contenuti e poi conservarli gelosamente è radicata nella stra-grande maggioranza delle persone. E sradicarla è un’autentica impresa…