ho seguito decine di studenti nelle loro esperienze di stage e sono arrivato alla conclusione che il significato principale degli stage sia, nella stragrande maggioranza dei casi, lavorare gratis. Certo, facendo qualcosa si impara sempre qualcosa. Ma sono davvero perplesso quando alla fine dello stage mi tocca mettere la firma su un pezzo di carta pomposamente chiamato “Certificazione dei crediti formativi acquisiti” dichiarando che le 250 ore di stage in questione valgono 10 CFU, cioè quasi due corsi universitari da 6 CFU l’uno. Poi penso che molti studenti avrebbero passato i due esami da 6 CFU cad leggiucchiando un po’ di pagine di appunti e a quel punto firmo. Mi consolo pensando che fra un po’ non dovrò più avere a che fare con siffatte faccende.
Sulla carta lo stage dovrebbe essere anche un momento di formazione ma parlando con gli studenti stagisti vedo che spesso, troppo spesso, di questa formazione non c’è traccia. Gli viene detto semplicemente di fare. Visto che il loro lavoro non costa nulla la qualità di quello che fanno sarà sempre accettabile. In questi casi lo stage si configura come un’erogazione pura e semplice di lavoro gratuito che permette a molte organizzazioni poco produttive di sopravvivere.
A questo punto dirai: ovvio, siamo in Italia… No. Mattia Bacchetti mi segnala oggi un articolo di New York Times che mostra come questa faccenda sia diffusa anche negli USA. Sto parlando di Growth of Unpaid Internships May Be Illegal, Officials Say (di Steven Greenhouse, New York Times, 2.04.2010). Qualcuno mi deve spiegare perché uno stagista non debba ricevere una retribuzione (anche se ridotta) per le sue 250 ore di lavoro. Se lo chiedono anche oltre Oceano e incominciano a prendere provvedimenti.
Buona Pasqua
Sempre a proposito di stage, devo dire che mi ha fatto tristezza l’articolo che è uscito poche settimane fa sul Corriere del Mezzogiorno, in cui agli studenti della Orientale di Napoli venivano proposti alcuni stage (ovviamente non retribuiti) come commessi… ecco il link:
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/universita/2010/23-marzo-2010/orientale-laurea-fare-commessi-1602702246150.shtml
Salve prof, volevo segnalarle quest’articolo che ho appena letto, io l’ho trovato interessante.
http://repubblicadeglistagisti.it/article/stage-a-pagamento-help-di-tre-lettori-per-annunci-globalpress-kronoplanet
Gli stage, secondo me, qui in Italia sono solo una modalità di lavoro a costo zero. Se, da una parte, lo stagista entra nel luogo di lavoro motivato, volenteroso, pieno di capacità e voglia di imparare (il più delle volte, non sempre), dall’altro lato c’è spesso solo la necessità di sbrogliare lavoro in eccesso o che nessuno ha tempo o voglia di fare.
Si potrebbero differenziare, come dice Billy Joyce, gli stage che preparano a un lavoro più manuale rispetto a quelli universitari. Per i primi c’è più facilmente possibilità di compenso e di essere in futuro assunti. Almeno per quello che ho visto io.
Lo stage è come il primo gradino di un percorso formato in successione da cocopro – lavoro tempo determinato o apprendistato – lavoro tempo indeterminato. Ecco, molto spesso i giovani italiani si fermano al cocopro e se hanno fortuna al tempo determinato. Se sono ancora più fortunati all’apprendistato.
Stiamo diventando una società di precari senza futuro e senza soldi in tasca. Bisogna cambiare e riformare l’intero settore del lavoro.