Gli stage e la crisi

leggo sul Sole 24 Ore Lo stage paga dazio alla crisi:

Secondo il Rapporto Excelsior 2009, prodotto da Unioncamere per fotografare i fabbisogni delle aziende, la percentuale di assunzioni successive a uno stage è passata dal 12,9% del 2007 al 9,4% dell’anno successivo […]

Degli oltre 300mila stagisti del 2008 meno di 29mila hanno firmato un contratto.[…]

Secondo il rapporto Almalaurea (Consorzio interuniversitario formato da 60 atenei) sulla condizione occupazionale dei laureati di primo livello usciti nel 2007 e intervistati a un anno dalla laurea, risulta favorito chi uno stage l’ha fatto: lavora infatti il 49% e solo il 43% di chi non è stato stagista.[…]

Il rischio che la crisi trasformi lo stage in «lavoro a basso costo», comunque c’è. […][il neretto l’ho aggiunto io]

Lavoro a basso costo? Mi sembra che si dovrebbe parlare di lavoro a costo zero. E’ così che si vuole far ripartire l’occupazione?

5 commenti

  1. la mia soluzione? Un “internship contract” obbligatorio: gli internships dovrebbero (per legge) essere pagati e agevolati con contratti costruiti ad hoc nei quali si potrebbero predisporre agevolazioni fiscali da un lato per gli stagisti, dall’altro per le aziende che assumono regolarmente (magari a 3-6-12 mesi).

    (E’ ora che l’università smetta di svendere il proprio capitale sociale – gli studenti – e che essi smettano d’accettare questa forma di sfruttamento moderno).

  2. Il fatto che Fra scriva “se si assumesse ovviamente a progetto” mi fa capire come i giovani italiani ormai siano rassegnati all’idea di vivere con Co.co.pro per gran parte della vita. Ecco io credo che non dovremmo rassegnarci.

    Se lo stage a costo zero è una forma di sfruttamento (ma per fortuna di breve durata), il Co.co.pro è invece una forma di sfruttamento a lunga durata. Si può rinnovare un numero illimitato (o almeno così sembra nelle aziende private, ditemi se sbaglio, perchè negli enti pubblici c’è un limite) di volte, con pause tra un contratto e l’altro praticamente inesistenti e a tutti gli effetti nasconde una tipologia di lavoro dipendente, solo che non ci sono garanzie (malattia, ferie, permessi e quant’altro).

    Probabilmente per uno studente risulta scandaloso che uno stage non venga pagato (e in effetti lo è, anche se lo ritengo un po’ più accettabile visto che lo stagista deve imparare tutto), ma credo che bisognerebbe mettere il naso un attimo fuori dall’università e pensare che, nel mondo del lavoro, esistono contratti ancora peggiori. Persone formate e che lavorano da tempo in un certo luogo che vengono pagate una miseria e non hanno garanzie per il presente e per il futuro.

    Ma non rassegniamoci, parliamone e facciamo in modo di smuovere le coscienze dei politici per una riforma del mondo del lavoro e di questi contratti “di sfruttamento”.

  3. Non è una sensazione solo sua, penso che LAVORO A COSTO ZERO sia il termine adeguato.
    D’altronde perchè un’azienda dovrebbe spendere soldi per assumere una persona dopo lo stage quando può prendere un’altra/o stagista senza tirare fuori un euro?!

    La mia opinione è che prima di tutto sarebbe giusto dare un mini-stipendio anche agli stagisti perchè, in fin dei conti, svolgono un vero e proprio lavoro; in secondo luogo penso anche sia un’assurdità cambiare ogni due mesi personale solo per non spendere soldi, perchè in questo modo la produttività cala: un nuovo stagista deve prendersi il tempo di conoscere l’azienda, capire i meccanismi di lavoro ed anche interpersonali all’intenro dell’azienda e soprattutto imparare a lavorare in modo pratico ed efficiente, solo una volta fatto ciò lo stagista inizierà ad essere effettivamente produttivo.
    Credo sarebbe meglio a livello qualitativo, ma anche quantitativo, se si assumesse (ovviamente a progetto, dato che pare essere l’unico tipo di contratto ormai conosciuto dalle aziende) uno stagista già integrato e che sa come “muoversi”, piuttosto che ogni volta cambiare.

    Evidentemente, però, non tutti la pensano così!

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