Molti quotidiani pubblicano on-line testi che sono nati per la carta e che non sfruttano le potenzialità del web. A cosa mi riferisco? Ad esempio all’assenza di link alle fonti. Tu mi dirai che da sempre gli articoli dei quotidiani non riportano mai le fonti utilizzate. Su carta posso spiegare questa pessima abitudine con la carenza di spazio. Su una pagina web no. Cosa costa creare un link che porti alla fonte? Nulla. Guarda come lavora Mark Penn di Wall Street Journal. Il suo articolo “America’s Newest Profession: Bloggers for Hire” è ricco di link:

Indicare le fonti può essere un’arma a doppio taglio. In questo caso mi è bastato un click per scaricare le tavole di dati del Bureau of Labor Statistics che avrebbero dovuto essere la fonte su cui si basava il numero di bloggers che vivono di quella attività: 452.000. Storie: la fonte non dice nulla del genere ma fornisce solo i numeri relativi alle altre professioni. Il numero di 452.000 è una stima basata su due dati (da prendere con le molle):
- i bloggers USA sarebbero 22,6 milioni (secondo una stima di eMarketer)
- il 2% dei rispondenti ad una survey on-line condotta da Technorati nel 2008 e a cui hanno risposto 1.290 bloggers campa di questo lavoro (→ Technorati, State of the Blogosphere 2008)
- il 2% di 22,6 milioni fa 452.000 (così ha calcolato Penn).
Come vedi il metodo seguito da Penn è stato a dir poco sbrigativo. L’indicazione delle fonti mi ha permesso di non prendere per oro colato quello che il giornalista scriveva. Viva i link!
Capisci allora le potenzialità del web e dei collegamenti ipertestuali? Ti rendi conto di come dovrebbero essere scritti tutti i testi giornalistici? Avverti la razionalità e serietà di questo modo di lavorare in cui ogni affermazione mette in chiaro le fonti su cui si basa?
BTW: vale davvero la pena leggere l’articolo di Penn nella sua versione originale saltando a pié pari le traduzioni/riassuntini che sono apparse qua e là sulla stampa italiana.