Il paese del voto rifiutato

Una delle conquiste del mitico 68 è stata l’introduzione della regola del voto rifiutato. Da noi lo studente può rifiutare il voto che non gli piace e rifare l’esame all’infinito come in una sorta di gratta e vinci a costo zero. Alcuni docenti fiutano il rischio di dover fare troppi esami e adottano un rimedio semplice e efficace: voti alti (dal 28 in su) a tutti. Ne deriva una bella inflazione dei voti ( post Il talento dei laureati) e un allungamento dei tempi di laurea: due laureati su tre sono fuori-corso ( post Istat: Università e lavoro 2008).

Per fortuna da quando vivo a 1.600 metri resisto meglio alla fatica degli esami (solo orali così evito le copiature). Mi spazientisco un po’ solo quando sento parlare di valutazione della didattica in cui studenti che non hanno mai messo piede in aula o che hanno frequentato una lezione ogni tanto valutano la didattica con un bel questionario on-line. Eh sì perché l’Italia è anche il paese della frequenza alle elementari e della non frequenza all’università ( post La frequenza è un optional). Sulla questione segnalo l’articolo di Umberto Eco ( I “dottori” del triennio, L’Espresso, 30.05.2008).

Umberto Eco, I \

21 commenti

  1. Ecco esatto, la questione che ha sollevato Silvia è particolarmente vera e importante per quanto riguarda il problema della frequenza. Credo che gli orari stabiliti delle lezioni spesso siano poco “intelligenti” (anche se ultimamente sono migliorati rispetto ad alcuni anni fa).
    Capitava spesso quando io ero matricola che avessimo lezioni a orari un po’ difficili come le 8,30 del mattino (troppo presto per una persona che viene da lontano) o fino alle 19 di sera (troppo tardi per chi deve prendere treni o pullman). Inoltre spesso le lezioni erano spezzettate da buchi di 4 ore…e quindi magari si decideva di frequentare solo la prima o la seconda lezione della giornata.
    Di questo dovrebbero tenere conto le segreterie e i docenti, occorrerebbe una progettazione degli orari più sensibile ai problemi dei fuori-sede e dei trasporti.

  2. Concordo con quanto detto da alcuni.
    La non frequenza non dipende solo dalla svogliatezza di certi studenti, ma anche dalle loro condizioni.
    Come giustamente dice Francesca, alcuni lavorano e non sempre riescono a seguire tutte le lezioni; altri invece abitano lontano e molte volte gli orari del corso sono poco accessibili. Spesso è capitato di trovare una lezione a una certa ora (per es. mattina) e un’altra a distanza di 4 ore (pomeriggio). Uno che viene da lontano non è ben invogliato a farsi km di strada per farsi solo due lezioni con un lasso di pausa maggiore rispetto al tempo effettivo dei corsi.
    Credo sia importante la creazione dell’orario per qualsiasi percorso di studi. Notavo infatti che quando c’erano più lezioni una dopo l’altra (senza esagerare però) la frequenza aumentava. Se nell’orario erano previste poche lezioni in un giorno, distaccate da diverse ore, la frequenza diminuiva.
    Non essendo tutti di Reggio Emilia credo che questo sia un fattore rilevante da tenere in considerazione.

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