Arrivare in ritardo

è davvero una pessima cosa. Quando lavoravo in Russia ricordo come i nostri interlocutori russi guardassero in modo glaciale chi si presentava alla riunione in ritardo. Più di una volta le vittime di questi sguardi erano italiani: accademici nostrani abituati all’alibi del quarto d’ora accademico. Costoro consideravano normale non rispettare i tempi: scadenze, date di consegna e qualsiasi tipo di orario erano per loro pura teoria. E’ così anche per alcuni studenti: io posso scrivere in bold che i loro lavori mi devono arrivare dieci giorni prima dell’esame ma costoro non ci fanno caso. E’ un peccato che facciano così: sul lavoro la loro mancanza di puntualità li penalizzerà. Cosa fare perché dimentichino questo modo di fare all’italiana? Fulminarli con lo sguardo come facevano i russi non è possibile: sono come fantasmi evanescenti. L’unico modo è chiudergli la porta in faccia e dirgli di ripresentarsi all’appello successivo. Già, e se mi dicono che “si devono laureare“? Perbacco: se sono già in ritardo nella vita è bene non aggravare la situazione. Un punto in meno per ogni giorno di ritardo e via!

6 commenti

  1. Beh, mi sembra abbastanza etico come compromesso. Il punto in meno per ogni giorno di ritardo, dico.
    Sostanzialmente è il metodo che viene adottato in diverse situazioni, non per ultima quella dei ritardi nella restituzione dei libri in biblioteca (a Reggio).

    Magari meglio evitare scadenze in coda… (e parlo a ragion veduta) e soprattutto evitarle con chi di solito è puntuale, e non solo in Uni.

    Continuo a pensare che le attività di segreteria siano sempre migliorabili.

    Prof, però, giornalisticamente parlando, “risibili” è una notizia o un’opinione? Perché è spesso così “elettrico” nei suoi post? :-)

  2. La segreteria didattica cerca di definire le date degli appelli evitando le sovrapposizioni per gli esami relativi allo stesso anno di corso. Le sovrapposizioni di orario sono impossibili da eliminare per il ritardatario che sostiene oggi un esame previsto in un anno precedente: per arrivare a escludere questo rischio la segreteria dovrebbe dedicare ogni singolo giorno della sessione ad un solo insegnamento (100 insegnamenti = 100 giornate di esame). Uno scenario bizzarro anche se ci fosse un solo appello all’anno (come avviene in altri paesi) ma irrealistico nel paese dei sette appelli annui. Il fenomeno dei fuoricorso (e del pagamento di tasse universitarie risibili per un tempo superiore alla durata legale degli studi) mi sembrano imputabili ai comportamenti individuali non certo all’istituzione che può essere solo accusata di permettere a ciascuno di fare quello che vuole, quando lo vuole. Detto ciò, la puntualità non ha nulla a che fare con schieramenti (Lei da che parte vuole stare) ma solo con l’efficienza e l’educazione.

  3. Sono perfettamente d’accordo sul concetto di puntualita’ da lei espresso. Nel caso particolare degli esami di SCE Unimore ho riscontrato pero’ poca serieta’.
    Il sito ESSE3, che permette di iscriversi agli appelli, e’ lento ad inserire le date degli esami. Il fatto che dovro’ saltare questo appello per quanto riguarda NM potra’ anche essere attribuito alla mia scarsa organizzazione ma il fatto di dover sostenere regolarmente 2 o piu’ esami in un giorno ad ogni sessione d’esame credo sia colpa della scarsa organizzazione di chi e’ incaricato a gestire le date degli appelli. Mi dispiace solo che a perderci siano sempre i piu’ deboli in questo caso gli studenti. Uno studente piu’ tempo impiega a laurearsi piu’ tasse universitarie dovra’ pagare, nonostante i disservizi, mentre un dipendente statale universitario sara’ sempre retribuito nello stesso modo e lo stato lo sosterra’. Lei da che parte vuole stare?

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